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Un regalo molto gradito
Qualche giorno fa ho sfogliato con molta attenzione il libro di Peter Lindberg (grazie Andrea per il fantastico regalo). Ti riporto qui una piccola parte dell’intervista che mi ha colpito particolarmente:
Forse proprio perché ho sperimentato la contaminazione fra riviste di moda e gallerie, non capisco per quale ragione un lavoro su commissione non possa essere considerato “artistico”, termine già pretenzioso in sé.
Creare un "conflitto di classe" tra la fotografia "su commissione" e quella “artistica” è una pericolosa forma di snobismo. Spulciando il mio archivio, mi sono reso conto ancora una volta che non vi è alcuna distinzione fra le immagini che ho scattato su commissione e le altre.
C’è tanto in queste poche parole, possiamo metterci dentro il senso della fotografia, il senso di fare il fotografo, la passione, il problema della fotografia commerciale snaturata dai budget ecc. Sicuramente è un bel punto per iniziare una riflessione costruttiva e interessante.
Peter Lindberg, icona indiscussa della fashion photography mi ha colpito il fatto che preferisse scattare a 35 mm perché il medio formato era troppo impostato e lento. Preferiva scattare tante foto per immortalare il soggetto con l’espressione naturale e non impostata. Ho visto qualche dietro le quinte di set recenti dove scattava in digitale, luce continua e giù di raffiche e raffiche di foto. Non sono né per la religione di uno scatto solo, né per quella di raffiche senza senso. Ma voglio che questo sia l’ennesimo spunto di riflessione. Si pensa che chi arriva dall’analogico abbia la concezione di fare pochi scatti pensati, quasi tutti perfetti. Non è così.
Su Netflix c’è anche un documentario su di lui, devo ancora vederlo 👉 Documentario Netflix - Peter Lindbergh - The Eye
Il bianco e nero nel 2023
A proposito di Peter Lindberg il bianco e nero nel 2023 è più vivo che mai, Leica ha presentato in questi giorni la nuova Leica M11 Monochrom. Ovviamente una macchina dedicata a pochi o pochissimi, sia per quanto riguarda il prezzo (9.600 € di listino per il corpo) sia per il fatto che si può scattare solo in bianco e nero.
Se si vuole arrivare all’eccellenza, a parità di uno a colori, un sensore in bianco e nero è senza filtri colorati, questo si traduce in una sensibilità e un dettaglio migliori. Leica non è l’unico brand a produrre macchine con sensori in bianco e nero, al top troviamo il dorso medio formato Q4 150MP Achromatic di Phase One.
Un particolare singolare, e decisamente contro corrente, è il design volutamente pensato per essere “anonimo”, infatti il logo Leica non compare nella parte frontale, come anche il caratteristico punto rosso dell’innesto.
Mi è piaciuta particolarmente la scritta “una sinfonia di luci e ombre”, alla fine la fotografia è questo. Un fotografo lavora con la luce prima di tutto, prima del sensore, della macchina, dell’ottica e di tutto il resto. La luce! È quasi tutto lì, tanti se lo dimenticano.
Pensare in analogico, scattare in digitale
Nel flusso di pensieri di questo articolo volevo fare una riflessione riguardo alla fotografia analogica ai giorni nostri. Se da una parte si parla di fotografia computazionale dall’altra il fascino della fotografia analogica sta tornando sempre più in voga. Scattare in analogico ci mette in una condizione di “non sprecare” negativi per nulla, nel rullino sono limitati e lo sviluppo ha un costo. Quindi lo scatto va pensato, ragionato, composto, e impostato correttamente. Questo implica una conoscenza approfondita della macchina e degli aspetti tecnici. Un approccio che prediligo e che il digitale ha quasi totalmente stravolto. Riconosco il fascino del mondo analogico, l’impossibilità di vedere lo scatto dopo averlo scattato, l’attesa di aspettare gli sviluppi, ecc… Fascino che passa anche dalla grana delle pellicole e dai colori “falsati”. Con l’accezione positiva del termine la considero una fotografia “sporca” che emotivamente riesce a farci percepire e collocare nel tempo e nello spazio quello scatto. Bella. Affascinante.
Oggi nel 2023 abbiamo la possibilità di scattare con sensori incredibilmente sensibili e puliti a livello di rumore, per non parlare della gamma dinamica. Si riescono a fare scatti impressionanti per dettaglio e colori. Una fotografia “pulita” che fotografi del secolo scorso avrebbero abbracciato all’istante se ne avessero avuto la possibilità. In tutto questo ragionamento escludo volutamente la parte puramente commerciale, è palese come l’analogico sia un incubo nella gestione di un lavoro oggi.
I fotografi che sono nati con il digitale hanno quasi sempre un approccio diverso da chi è nato con la pellicola in mano, me ne rendo conto spesso durate il mio lavoro. Sono sempre più convinto che un approccio misto sia quello che dà i risultati migliori: pensate in analogico, scattate in digitale.
Curiosità sul colore
MARI ESOTICI
La tecnologia è sempre più presente nelle nostre vite, tanto da riuscire a condizionare i pensieri che abbiamo sui colori che possiamo vedere.
National Geographic per decenni ha utilizzato diapositive Ektachrome per fotografare reportage naturalistici, questa pellicola permetteva di scattare con tempi veloci e cromaticamente, a differenza di altre pellicole, sui toni freddi propendeva all'azzurro. Questo ha creato nel tempo l'immaginario di mari esotici di un meraviglioso azzurro profondo e brillante, falsando la realtà.
Per un fatto puramente tecnico nel tempo si è creato un immaginario molto forte riguardo ai colori dei mari esotici. In quegli anni infatti la pellicola comunemente più utilizzata non era la Ektachrome ma la famosissima Kodachrome. Quest’ultima era più lenta ma restituiva i rossi in modo più fedele e quindi più indicata per ritratti e foto di tutti i giorni.
Perché la cornice bianca?
Nel mio account Instagram personale pubblico foto rigorosamente in bianco e nero. Sono praticamente tutti scatti fatti con iPhone (12 Pro Max + 14 Pro Max) in formato ProRAW e poi sviluppati sempre su iPhone con Darkroom. Se per tanti il bianco e nero è bello con un po’ di grana, io per questo mio progetto/passatempo sono dell’idea opposta. Non voglio nessun tipo di grana, voglio la pulizia più assoluta, voglio vedere gradienti perfettamente omogenei. Su questo la fotografia computazionale e lo sviluppo di file ProRAW in Darkroom regalano risultati incredibili se pensiamo che tutto parte da sensori minuscoli. Purtroppo Instagram comprime (devasta) le immagini e a volte i gradienti inevitabilmente creano delle soglie ma ti assicuro che lo scatto originale è incredibile.
Spesso qualcuno mi chiede perché in bianco e nero e perché tutte le foto hanno la cornice bianca. Presto detto.
Questi sono scatti che faccio a tempo perso, molti fatti al volo solo perché in quell’istate mi sono accorto di una scena particolarmente interessante. Tengo molto ai colori e per fare una bella foto cromaticamente equilibrata la color va fatta a monte (e non dopo). Per questo tipo di scatti non è fattibile e il bianco e nero aiuta molto. Si in parte è paraculàggine, lo ammetto a differenza di tanti fotografi. Tante di queste foto a colori non “funzionano” per nulla, ma in bianco e nero wow! È anche vero che in parte minore, alcuni scatti con dettagli colorati portati in bianco e nero perdono il loro perché e, come ultima ma non ultima cosa, il bianco e nero ti spinge a fare molta più attenzione alla luce, all’inquadratura e alle geometrie. Guardare una foto in bianco e nero porta a concentrarsi di più sul soggetto e sull’equilibrio delle forme. E come esercizio quotidiano la trovo una cosa interessante.
La cornice bianca invece serve per far percepire il punto massimo di bianco e di conseguenza “tarare” l’occhio per godere al massimo del contrasto dello scatto. Senza un punto di riferimento spesso non si è in grado di capire nelle alte luci se alcune sfumature toccano il bianco o sono di un grigio chiaro. Questo capita quando la foto viene visualizzata su sfondo scuro o nero come nel caso di Instagram in dark mode.
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E quindi?
L’obiettivo di questa newsletter è trattare temi che rappresentano il futuro (ma anche il presente) dell’industria della content creation digitale.
Il giorno in cui qualcuno mi dirà di smetterla, lo farò. Promesso.
Il mio nome è Manuel Babolin e con altri due matti ho fondato PixelFactory, nel cui blog approfondisco alcune cose. Ho un progetto sulla gestione colore nei device digitali che si chiama Wide Gamut.
Grazie Manuel, sempre molto interessanti i tuoi scritti, mi è piaciuto molto quello sul bianco e nero e da come scrivi credo si capisca molto bene la tua ricerca della "perfezione dello scatto" vorrei proprio vederti al lavoro sarebbe uno spasso. Buone foto. Leonardo